gennaio 2020
Il racconto
Trent’anni fa nasceva il quartiere di via Grassini 5 ed oggi sia la Presidenza, sia l'Amministrazione ed il Consiglio di Quartiere si accingono ad allestire tutta una serie di iniziative ricreative e culturali per celebrare, nel nostro piccolo, la ricorrenza.
Piccolo, per modo di dire: la nostra è una longeva cooperativa che vanta 125 anni di vita. Si fanno presto i conti: è stata fondata alla fine dell’Ottocento, nel 1894, quattro anni prima delle cannonate di Bava Beccaris...
La memoria è fondamentale, è la stampella della Storia. È lo strumento che ci permette di ricordare chi eravamo, da dove siamo partiti e dove siamo riusciti ad arrivare. Serve a non dimenticare. A ripercorrere tempi difficili, e situazioni sociali che oggi ci appaiono remoti, mentre invece ci appartengono perché riguardavano i nostri nonni e bisnonni.
I Fondatori della nostra Cooperativa erano per lo più operai. Diciotto erano muratori, due stuoiai, quattro fattorini, tre agricoltori, due materassai, cinque lavoratori del ferro, un mercante, un commerciante, un fumista, un selciatore, un lavoratore di medicinali. In famiglia, i miei ricordavano che il nonno Cesare (sia pure agricoltore) aveva partecipato alla costruzione della casa di via Ornato 7, dove sono nato. Alcuni di quei mestieri sono scomparsi, altri sono evoluti grazie alla meccanizzazione e alla digitalizzazione. Grazie ai sacrifici dei miei genitori e del nonno, oggi ho una casa nel mio territorio urbano, non molto distante da via Ornato sette. Rivedo sempre volentieri quei cortili e quei sotto scala del sette e di Hermada quattordici dove nei giorni piovosi ci si trovava tra amici e si sperimentavano passi di quel boogie woogie con un giradischi a cassetta: insieme erano angoli dei nostri spensierati giochi che ho sempre nella mente, come fossero posti magici e mi ricordano la mia infanzia e la mia adolescenza.
Alla mia età è sempre più facile abbandonarsi ai ricordi, ad evocare episodi che sono rimasti nascosti nella mente per un sacco di tempo, come le pagine di un libro. E pagina dopo pagina, quei pensieri e quei ricordi pigliano forma, diventano panorami, persone, frasi o soltanto parole che sono come chiavi di lucchetti, servono per aprire altri momenti della memoria... In fondo, sono rimasto ancorato a ideali che oggi possono apparire come superati, obsoleti, non attuali. Ma io li rivendico lo stesso: politicamente e socialmente ho mantenuto per tutta la vita gli stessi principii di giustizia e di solidarietà, di valori condivisi con gli altri compagni e amici della cooperativa. Nel dopo guerra quando finirono la paura e l’angoscia dei bombardamenti e si tramutarono in gioia, in felicità, vennero i giorni delle feste, della musica e del ballo, il grande swing e il boogie woogie. I sorrisi illuminavano volti tirati e segnati dagli stenti, dalla fame, e dal terrore di quel periodo bellico. Nei cortili della nostra Cooperativa si improvvisavano banchetti, ma anche assemblee spesso tumultuose - segno di libertà, di confronto, di discussione - e i primi comizi politici in cui si parlava di diritti da riappropriarsi, di democrazia, di Repubblica, di giustizia. Ricordo quelle vecchiette che attraversando il cortile si avviavano alla prima messa del mattino e incrociavano gli operai della Pirelli che rientravano in bicicletta dal turno notturno in fabbrica: sono immagini irripetibili. La portineria del sette di via Ornato dell'Armando Brivio e di sua moglie Chiara Nava, il dopolavoro del Circolo Risorgimento, il buon Squinzano e il profumo dolce dei sigari.
Trent’anni fa, quando questo quartiere è stato costruito ed abitato, ero da poco andato in pensione. Abitavo altrove, in affitto, ma sognavo di ritornare in cooperativa. Mi ero allontanato per via del matrimonio; in realtà, ero stato solo sfortunato. La mia vecchia domanda di socio fatta a diciotto anni con cinquecento lire, dava la possibilità di ottenere l'assegnazione di locali in cooperativa secondo graduatorie regolamentate. Il caso purtroppo volle che la coincidenza del matrimonio con la richiesta di un appartamento non coincidesse con la disponibilità.
Poi, la pensione e grazie ai soldi della liquidazione, riuscii ad entrare in questo quartiere. Mi vengono in mente dei versi di Giacomo Leopardi (la poesia e il jazz sono il rifugio delle mie emozioni): "Io non
credea/ Tornare ancor per uso a contemplarvi/ Sul paterno giardino scintillanti...
Ricordo quando promisi solennemente all'indimenticabile ex presidente Pierino Monzani (buon amico di mio padre) che in cooperativa ci sarei tornato prima possibile e Lui mi ripeté quello che mio padre, se fosse stato ancora vivo, mi avrebbe detto: “Prima o poi, torna buona la cooperativa”. Soffriva nel vedere andar via i ragazzi dei nostri cortili e più la compagnia chiassosa ed allegra si assottigliava, più cercava di inculcarci la nostalgia dei bei tempi. Caro Pierino quanto avevi ragione, perché i vantaggi di abitare in un luogo sicuro, protetto, dove tutti eravamo amici e condividevano la stessa passione e militanza politica... Fuori dalla Cooperativa ho trovato quell’indifferenza politica e sociale tanto combattuta da Antonio Gramsci.
Eravamo giovani e impetuosi. La guerra ci aveva rubato il tempo, ora toccava noi guadagnarlo.
Oggi sorrido per come mi sentivo spavaldo e curioso e speranzoso. Vennero le delusioni e la fatica di vivere ci mise alla prova. Ho sgobbato, e tanto, ma ho anche avuto tante soddisfazioni. I figli. Viaggiare. Lavori che mi hanno permesso di superare le difficoltà. Avere tanti amici. Invecchiare è pure il tempo di fare bilanci - oltre che di litigare con la bilancia... Di recente, in occasione di un turnover di soci, mi ha fatto molto piacere sentire un ragazzo che è venuto ad abitare da noi che sapeva di quei trentanove coraggiosi primi soci Fondatori.
Se non si ha la fortuna di avere queste case sicure, come le nostre, si è costretti ad affrontare affitti precari, e a vedere famiglie sbattute per strada. Il diritto di abitare rimane la precondizione di ogni altro diritto, la perdita di una casa e la perdita di un lavoro tolgono a una famiglia la felicità, la dignità, la sicurezza.
Ora vorrei ricordare un amico della mia infanzia e gioventù: Lino Ciceri un umile attivista, un pioniere dei nostri consigli di quartiere mancato tempo fa. Non era un ballerino di bughi come noi, ma sapeva fare altre cose culturalmente importanti. Raffinato e educato, con Giuliano Casati e gli amici dei nostri cortili è stato uno dei coordinatori della sala da ballo nel salone del Circolo Risorgimento. (vedi numero 3 di Abitare nei Quartieri dell'ottobre 2015). Ciao Lino.